LUIGI PASTORE
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Era da tempo che desideravo collaborare con una fanzine, molto in voga negli anni ‘80 e che oggi si è evoluta e trasformata in webzine. Mi chiamo Luigi Pastore e sono, da sempre, malato di cinema in tutti i suoi aspetti.
Ma partiamo dall’inizio, da quando ero ancora nel pancione di “mammà”.
Quella scriteriata di mia madre (santa donna), nel lontano 1974, ebbe l’ardire di andare in un cinema di terza visione per vedersi Il gatto a nove code di Dario Argento. Fin qui nulla di eccezionale, nonostante quel regista avesse già rivoluzionato gli stilemi del giallo con il suo precedente film (L’uccello dalle piume di cristallo, ndr) che, come per le vecchie fanzine, si era evoluto nel thrilling all’italiana ma colorato d’Argento.
Bene, durante la sequenza finale in cui l’assassino… fermi tutti! Non voglio rovinare la sorpresa a quei pochi o nuovi spettatori che ancora non lo hanno visto. Quindi mi limiterò a dire che, stando a quanto mi raccontò mia madre quando la mia malattia si trasformò in “argentite acuta” (espressione coniata dal sottoscritto e che oggi è molto in voga tra i fan del Maestro), durante quella sequenza lei ebbe un sussulto così forte, seguito da un malore, tanto da temere di aver addirittura abortito. Invece sono qui a raccontarlo e, molti anni dopo, ebbi modo di raccontarlo anche a Dario e ad Asia sul set de La sindrome di Stendhal.
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